"CI PIACE SAPER CHE......"
C'è qualcosa di sacro e di antico nell’alimentazione dei laghitani, l'osservanza di regole di comportamento che vengono dai secoli. Si direbbe che a Lago in tempi passati si avvertisse più che altrove la connessione tra le esigenze della nutrizione e quelle dello spirito: ogni festa religiosa aveva nel suo cibo di devozione, ogni evento della vita familiare - nozze, lutti, battesimi . Era regola che per Natale si dovessero mettere in tavola tredici portate e che lo stesso si dovesse fare per l'Epifania; le feste di Carnevale richiedevano un menù fondato su maccheroni e carne di maiale, la Pasqua non poteva celebrarsi senza i Vavarialli e l’agnello Il rigore di questo calendario si è affievolito col tempo, lasciando però tracce visibili nel repertorio alimentare del luogo. Il cibo dei laghitani è sostanzialmente quello che era una volta, determinato dagli usi, dalle credenze e dalla storia. Proteso al centro del Mediterraneo, lambito da due mari e monti,Lago nelle sue coltivazioni ha raccolto e metabolizzato influenze dell'Est come dell'Ovest: alcune coltivazioni furono trapiantate sul suolo di quella che si chiamava Enotria dai coloni greci, fondatori di una civiltà di cui si sente ancora l'orgoglio. Incontestata è ad esempio l'origine greca dei Maccarruncini, larghe fettuccine molto amate anche a Sibari, mentre è sicuramente arabo il nome della Cutujia, lo straordinario e appetitosissimo cibo che deriva dalla pratica di mettere nel pane di granturco caldo le acciughe appena nate e l’olio di oliva. Nelle campagne limitrofe a Lago, nei luoghi della fatica mal compensata, la disponibilità di provviste non deperibili era fino a ieri l'unica ricchezza desiderata, la vera fonte di ricchezze è stata per secoli u ritu d’ammazzamiantu du puarcu. A suppressata, a sazizza, a tuma, e milingiane sutt'uagliu e li ppimbidori siccati erano per la gente la garanzia di sopravvivere nei periodi, non infrequenti, di carestia. La loro preparazione seguiva rituali e scadenze non derogabili, era accompagnata da invocazioni, auspici e scaramanzie di cui resta ormai solo il ricordo. Iniziamo oggi una serie di rubriche sull’arte culinaria di Lago, mandici le tue ricette e noi le pubblicheremo sul mostro blog..
Saluti e buon appetito a tutti
C'è qualcosa di sacro e di antico nell’alimentazione dei laghitani, l'osservanza di regole di comportamento che vengono dai secoli. Si direbbe che a Lago in tempi passati si avvertisse più che altrove la connessione tra le esigenze della nutrizione e quelle dello spirito: ogni festa religiosa aveva nel suo cibo di devozione, ogni evento della vita familiare - nozze, lutti, battesimi . Era regola che per Natale si dovessero mettere in tavola tredici portate e che lo stesso si dovesse fare per l'Epifania; le feste di Carnevale richiedevano un menù fondato su maccheroni e carne di maiale, la Pasqua non poteva celebrarsi senza i Vavarialli e l’agnello Il rigore di questo calendario si è affievolito col tempo, lasciando però tracce visibili nel repertorio alimentare del luogo. Il cibo dei laghitani è sostanzialmente quello che era una volta, determinato dagli usi, dalle credenze e dalla storia. Proteso al centro del Mediterraneo, lambito da due mari e monti,Lago nelle sue coltivazioni ha raccolto e metabolizzato influenze dell'Est come dell'Ovest: alcune coltivazioni furono trapiantate sul suolo di quella che si chiamava Enotria dai coloni greci, fondatori di una civiltà di cui si sente ancora l'orgoglio. Incontestata è ad esempio l'origine greca dei Maccarruncini, larghe fettuccine molto amate anche a Sibari, mentre è sicuramente arabo il nome della Cutujia, lo straordinario e appetitosissimo cibo che deriva dalla pratica di mettere nel pane di granturco caldo le acciughe appena nate e l’olio di oliva. Nelle campagne limitrofe a Lago, nei luoghi della fatica mal compensata, la disponibilità di provviste non deperibili era fino a ieri l'unica ricchezza desiderata, la vera fonte di ricchezze è stata per secoli u ritu d’ammazzamiantu du puarcu. A suppressata, a sazizza, a tuma, e milingiane sutt'uagliu e li ppimbidori siccati erano per la gente la garanzia di sopravvivere nei periodi, non infrequenti, di carestia. La loro preparazione seguiva rituali e scadenze non derogabili, era accompagnata da invocazioni, auspici e scaramanzie di cui resta ormai solo il ricordo. Iniziamo oggi una serie di rubriche sull’arte culinaria di Lago, mandici le tue ricette e noi le pubblicheremo sul mostro blog..
Saluti e buon appetito a tutti